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ANGELO.ALAIMO
00lunedì 22 novembre 2004 20:14
Ed egli fù portato in una stalla una mangiatoia.
Ed ecco vi era una bestia che aveva sette teste e dieci corna e si teneva davanti alla madre che affinche lo avesse partoritoegli lo avrebbe divorato.
Ecco egli vedeva il suo destino e non vi potè sfuggire e crebbe vide e fù uomo.
E i ventiquattro anziano erano con lui ed egli era ventiquattro anziani.
Ed ecco vidi un segno nel cielo questo è il segno dell'azione.
Ecco ne scorsi un'altro ,ed egli si rivelò,ma nessuno sulla terra lo riconosceràpoichè egli adempirà l'opera sua nel segreto nessuno potrà vedere il suo sembiante poichè egli è colui che è senza nome.
il verbo del padre di tutti i padri


ufoitaly
00lunedì 22 novembre 2004 20:35
Angelo scusa se ti rompo,
ma devo essere fiscale lo sai. Cosa c'entra questo post con la sezione Paranormale e Misteri?
ANGELO.ALAIMO
00lunedì 22 novembre 2004 20:48
centra centra...
Il potere occulto di George W. Bush
by Spirocheta Monday November 17, 2003 at 02:08 PM mail:



Una ricostruzione del sotterraneo universo che influenzerebbe l’attività del governo americano.


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Il potere occulto di George W. Bush
di Eric Laurent
Una ricostruzione del sotterraneo universo che influenzerebbe l’attività del governo americano. Dalle piccole sette millenariste all’integralismo cristiano, fino ad arrivare ai proseliti dei reverendi televisivi. Un folto e potente gruppo sociale che sembra essersi riunito sotto l’ala protettrice della presidenza, in nome di una politica che sembra abbattere i principi laici di separazione tra potere politico e coscienza religiosa su cui si fonda la costituzione di una delle più solide e autorevoli democrazie moderne.

Nel novembre 2000, George W. Bush divenne il quarantatreesimo presidente degli Stati Uniti, al termine di una delle più controverse e confuse elezioni della storia politica americana. Venne infatti eletto con 337.576 voti popolari in meno rispetto al suo avversario, il vicepresidente democratico Al Gore. Lo scrutinio fu tanto affrettato da scatenare in Florida – lo stato di cui era governatore il fratello minore del futuro presidente, Jeb – una violenta polemica: alcuni elettori non avevano potuto votare, perlomeno non in condizioni soddisfacenti. La Corte Suprema degli Stati Uniti, garante del rispetto delle leggi e delle istituzioni, intervenne nel dibattito a favore del candidato repubblicano, fermando il riconteggio dei voti in quello Stato chiave.

Quello che si presentò come un segno del destino era in realtà opera dei giudici conservatori della Corte Suprema, alcuni dei quali dovevano la carriera al clan Bush, mentre altri erano strettamente collegati a organizzazioni cristiane ultraconservatrici. Tali organizzazioni si erano pronunciate tutte a favore del sostegno a oltranza al governatore del Texas, in cui vedevano, dopo anni di lotta e attivismo forsennato, il mezzo per accedere finalmente al potere supremo e imporre le proprie idee, settarie e retrograde.

Otto mesi dopo l’entrata in carica del nuovo capo dell’esecutivo, la settimana degli attentati dell’11 settembre, il settimanale Newsweek pubblicò alcuni brani tratti da un libro di imminente pubblicazione, intitolato Accidental president. Il titolo, indubbiamente provocatorio, può essere fuorviante: George W. Bush tutto è fuorché il risultato di un incidente elettorale. In quel periodo, per la gran parte dell’opinione pubblica americana, il bilancio della sua amministrazione appariva deludente, ma pochi osservatori avevano rilevato la profonda trasformazione e l’inquietante ribaltamento che si erano prodotti.

Molti presidenti, nel corso della storia americana, avevano insistito sulle proprie radici religiose, infarcendo i loro discorsi di riferimenti alla Bibbia, ma mai prima dell’arrivo di George W. Bush alla Casa Bianca la religione aveva avuto un peso così schiacciante.

Durante la campagna elettorale, il candidato aveva affermato che Gesù era il suo pensatore preferito, "perché mi ha salvato il cuore", e in occasione del suo primo discorso come presidente aveva dichiarato che "un angelo cavalca il vortice e dirige questa tempesta", allegoria strana e sconcertante, che ricorda il tono delle profezie bibliche.

Appena giunto al potere, il 20 gennaio 2001 indisse una giornata nazionale di preghiera, nonostante ve ne sia già una in maggio. Poi annunciò che in breve tempo sarebbe stato varato un piano d’aiuto per i bambini con difficoltà scolastiche, iscritti alle scuole pubbliche, che ne prevedeva l’integrazione in istituti religiosi.

Mantenendosi sempre su questa linea, il 23 gennaio 2001 dichiarò di avere intenzione di bloccare i finanziamenti alle organizzazioni per la pianificazione familiare operanti sul territorio nazionale e all’estero, che sostengono il diritto delle donne all’aborto. La scelta del tempo era calcolata. Quello stesso giorno, migliaia di militanti dell’estrema destra cristiana, suoi elettori, si erano infatti riuniti a Washington per chiedere l’abrogazione del provvedimento varato nel 1973 dalla Corte Suprema, che legalizzava l’aborto.

"La commistione di religione e politica è un fatto senza precedenti per un presidente in carica da due sole settimane" ha dichiarato a questo proposito Alan Lichtman, storico dell’American University di Washington.

Durante uno dei suoi primi discorsi in pubblico, George W. Bush raccolse una vera e propria ovazione quando affermò: "L’era della discriminazione nei confronti delle istituzioni religiose in quanto religiose è irrevocabilmente finita". Poco tempo dopo sostenne con forza una delle fondamentali rivendicazioni delle organizzazioni cristiane ultraconservatrici e, in alcuni casi, integraliste: beneficiare largamente dei fondi pubblici per finanziare i loro programmi di aiuto sociale. Una fonte di arricchimento considerevole per questi movimenti e per i loro dirigenti, uomini di Dio ma al tempo stesso oculati capitani d’industria, la maggior parte dei quali gestisce impressionanti patrimoni personali.[...]

Durante la campagna elettorale, George W. Bush aveva affermato di incarnare "un nuovo tipo di repubblicano". In realtà, si è rivelato tutt’altro. La "nuova alleanza" che lo sostiene ha risolutamente voltato le spalle ai valori e alle convinzioni tradizionali del partito repubblicano, perlomeno a quelli difesi da due dei suoi maggiori esponenti storici, Abraham Lincoln e Dwight Eisenhower. Per Lincoln, la guerra civile aveva rappresentato un passaggio obbligato.

Quasi centoquarant’anni dopo, per gli integralisti cristiani, spesso razzisti e antisemiti, e al tempo stesso fortemente legati ai neoconservatori ebrei assai vicini al Likud – la destra israeliana al potere a Gerusalemme – la guerra costituiva uno degli obiettivi centrali. Lo scontro, inevitabile per questi uomini, si situava a due livelli.

Sul piano della politica interna, si trattava di giungere allo smantellamento dell’intero sistema di protezione sociale e di sostegno alle minoranze, instaurato da diversi decenni, imponendo alla società americana i valori religiosi più conservatori.
La fondazione Heritage, colonna portante di tale strategia, parlava di una seconda rivoluzione americana di "indipendenza culturale", il cui fine era scalzare e distruggere la società multiculturale affermatasi negli Stati Uniti.

In politica estera, l’obiettivo era utilizzare la potenza americana, in particolare la forza militare, allo scopo di ricomporre un nuovo paesaggio geopolitico in cui sarebbe stata Washington a condurre il gioco. "Dobbiamo fare quanto è in nostro potere per impedire che un paese o un’area geopolitica possano un giorno porsi come rivali dell’America" avevano scritto e dichiarato in quell’occasione i falchi che si trovano oggi al potere, vicini a George W. Bush.

Gesù come un amico

[...]Bush non legge, si sa. Per lunghissimi mesi il suo libro prediletto è stato una biografia di Sam Houston, uno dei fondatori del Texas, con il quale ama identificarsi. Tuttavia, la prima opera che sia mai riuscito a leggere per intero, riga per riga, con sufficiente attenzione, ne ha radicalmente cambiato la personalità e la percezione del mondo. Era la Bibbia e lui era vicino ai quarant’anni.

Sposato dal 1977, aderì alla Chiesa Metodista, alla quale già apparteneva la moglie Laura. Uomo senza qualità durante il giorno, considerato da tutti, secondo la formula coniata da una persona a lui vicina, "nient’altro che il figlio di suo padre", la sera si dava all’alcol. Con il passare degli anni, la moglie era sempre più stanca ed esasperata dal suo lasciarsi andare. Nel 1985, a trentanove anni, Bush, che fino a quel momento aveva accumulato un fallimento professionale dietro l’altro, cadde in una profonda crisi.

Howard Fineman, in un’inchiesta apparsa su Newsweek con il titolo Bush e Dio, racconta che il futuro presidente riuscì a tirarsi fuori grazie a un amico intimo, Bob Evans, l’attuale ministro del Commercio.

A quell’epoca, Evans, che stava a sua volta attraversando un periodo di gravi difficoltà personali e professionali, era entrato a fare parte di un "gruppo di studio della Bibbia". Il programma, intitolato Community Bible Study, prevedeva un anno di studio intensivo di uno dei libri del Nuovo Testamento. Ogni settimana si iniziava un nuovo capitolo, che era fatto oggetto di una rilettura minuziosa, cui seguiva una discussione in un gruppo di dieci persone. Evans aveva convinto George W. Bush a unirsi al gruppo e, per due anni, i due amici si dedicarono anima e corpo al Vangelo secondo Luca, studiarono la conversione di Paolo sulla via di Damasco e la fondazione della Chiesa cristiana.

Secondo Howard Fineman, "Bush, che era assai poco portato per l’astrazione, ma aveva una grande curiosità nei confronti delle persone, dimostrò molto interesse per il racconto della conversione di san Paolo. Gli piacque l’idea di poter conoscere Gesù percependolo come un amico.

Quel programma fu una vera e propria svolta per il futuro presidente da diversi punti di vista, fornendogli per la prima volta un centro di interesse intellettuale ... In questo senso, Bush è il prodotto della Bible Belt [letteralmente la 'cintura della Bibbia', termine che designa gli Stati più bigotti del sud degli Stati Uniti] ... Amante del jogging e maratoneta, Bush trovava nello studio della Bibbia anche l’equivalente mentale e la disciplina spirituale di cui aveva bisogno per affrontare ciò che, all’epoca, era ancora la principale sfida della sua vita: abbandonare l’alcol.

Bush dichiara di non essersi mai veramente considerato un alcolista e di non avere mai partecipato alle riunioni degli Alcolisti Anonimi. Il programma Community Bible Study, definito da allora 'piccolo gruppo' del movimento della fede, si basava sull’autodisciplina, sulla capacità di contare su se stessi, sulla terapia di gruppo (nonostante Bush considerasse questa formula 'orribile' ) e sul culto. Comunque sia, fu efficace. Com’è noto, Bush smise di bere nell’estate del 1986, dopo avere festeggiato insieme a Evans i quarant’anni. Uno degli amici che li conobbe in quel periodo afferma che 'fu un addio al Jack Daniel’s e un benvenuto a Gesù' ."

Durante una "colazione di preghiera", alcuni mesi dopo l’elezione, Bush ha confidato: "È stata la fede a sostenermi nei successi e nei fallimenti. Senza la fede, sarei una persona diversa. Senza la fede, probabilmente oggi non sarei qui".

Rinascita

"Il presidente dovrebbe occuparsi degli affari di Stato e lasciare quelli dell’anima ai ministri religiosi" ha ribadito Bob Raston, portavoce di un’associazione che lavora per il rispetto costituzionale della separazione tra Stato e Chiesa; un’affermazione che sottolinea il gravissimo e preoccupante problema che sta oggi affrontando l’America. Per George W. Bush, come ha scritto un editorialista di Newsweek, "Dio non è neutrale". La religione permea gli atti, la visione del mondo, le idee del presidente. Idee categoriche e posizioni manicheiste dinanzi ai problemi, come illustra la formula pronunciata dopo l’11 settembre: "Chi non è con noi è contro di noi".

Un anno dopo la "rinascita" (born again, un’esperienza spirituale di riscoperta di Dio che numerosi americani – uno su quattro – sostengono di avere vissuto), avvenuta nel 1986, Bush trovò l’ambito in cui coniugare proficuamente convinzioni religiose e ambizioni politiche. Nel 1987 si trasferì a Washington, unendosi alla squadra che stava preparando l’elezione presidenziale del padre. Venne incaricato, evidentemente non a caso, della gestione dei rapporti con i movimenti e le organizzazioni della destra religiosa, in particolare con la Christian Coalition creata da Pat Robertson, un telepredicatore dai toni melliflui e dalle tesi intransigenti, il cui patrimonio personale è stimato intorno ai 150 milioni di dollari.[...]

Quando, nel 1993, decise di presentarsi per la carica di governatore del Texas, la madre mostrò grande scetticismo, ritenendo il fratello Jeb un candidato migliore per quella stessa carica in Florida. L’anno precedente, il padre era stato battuto da Bill Clinton e George W. aveva analizzato a lungo le ragioni elettorali della sconfitta, insieme al "suo guru politico" Karl Rove, oggi al suo fianco alla Casa Bianca.

Il presidente uscente aveva fallito soprattutto perché non era riuscito a conquistarsi i voti dei conservatori religiosi. "Una forza che non ci si può assolutamente alienare" affermava Rove "in quanto rappresenta quasi 18 milioni di elettori". E aggiungeva: "È gente con cui non si scherza, che vuole che siate come loro".

Un’identificazione evidentemente impossibile con Bush padre, dal tono misurato e distante, dai modi da aristocratico della costa pacifica, che agli occhi degli estremisti cristiani aveva per di più commesso un imperdonabile errore: esercitare pressioni su Israele, costringendo l’allora primo ministro Yitzhak Shamir a sedersi al tavolo dei negoziati alla conferenza di Madrid. Gli attivisti cristiani sposavano infatti le posizioni più oltranziste della destra israeliana: un’alleanza innaturale e ambigua, di cui esamineremo più avanti la genesi e le motivazioni.

La formula di Rove – "È gente con cui non si scherza, che vuole che siate come loro" – si adattava a George W. Bush come un vestito su misura. Nel 1993, mentre si preparava a entrare in lizza per il posto di governatore, concesse un’intervista a un giornalista di Austin, durante la quale dichiarò: "Solo chi crede in Gesù andrà in Paradiso".

L’affermazione era teologicamente ineccepibile; peccato che il giornalista che la raccolse fosse ebreo. Molti editorialisti, sulla stampa locale e regionale, si indignarono, ma Karl Rove esultò: la maldestra frase del suo candidato era la via più sicura per conquistare il cuore e i voti dell’elettorato cristiano conservatore, in particolare nelle zone rurali del Texas.

Durante la campagna, Bush usò i pastori come intermediari e agenti elettorali, il che gli assicurò un efficace controllo del territorio, dal momento che questi gli fornivano tempestivi sondaggi in presa diretta sullo stato d’animo dei futuri votanti, sulle loro speranze e le loro avversioni. Subito dopo la vittoria, dichiarò: "Non sarei mai diventato governatore se non credessi in un piano divino che supera tutti i piani umani".

Tu sei come Mosè

"È una fede assolutamente personale e singolare" sostengono i giornalisti Lou Dubose e Molly Ivins, che hanno fatto lunghe ricerche sull’attuale presidente. Si può dire che Bush è convinto di essere investito di una missione divina.

Durante i suoi due primi mandati come governatore, combinando le convinzioni religiose con un avveduto uso dei media, Bush apparve con regolarità negli show televisivi di diversi predicatori. Ne ammirava uno in particolare, James Dobson, anima del gruppo dell’estrema destra religiosa Focus on the Family, oltre a James Robinson, un telepredicatore texano di Fort Worth. Quando venne rieletto governatore, nel 1998, invitò Robinson a prendere la parola durante la colazione di preghiera che costituiva la cerimonia d’inaugurazione.[...]

All’inizio del 1999, George W. Bush iniziò ad accarezzare l’idea di presentarsi come candidato alla presidenza. Ne parlò prima con la madre Barbara e quello stesso giorno si recarono insieme in chiesa per assistere alla messa. Il sermone parlava dei dubbi di Mosè circa le sue qualità di guida del suo popolo e Barbara disse al figlio: "Tu sei come Mosè".

Prima di ritornare a casa, chiesero consiglio al pastore
Billy Graham. Amico di famiglia, Graham – il più famoso predicatore degli Stati Uniti – è stato il confidente e il consigliere spirituale di numerosi presidenti americani. I nastri su cui Richard Nixon faceva registrare, illegalmente, tutte le sue conversazioni, avevano del resto rivelato discorsi edificanti. Nella fattispecie, parlando con il presidente nello Studio Ovale, Graham aveva lamentato "il controllo degli ebrei sui media americani". Graham diede ampie rassicurazioni a Bush sulle sue capacità.

Alcune settimane dopo, il governatore del Texas riunì a casa sua i principali pastori e dirigenti della destra cristiana. "Sono stato chiamato a ricoprire più alti incarichi" disse loro. Howard Fineman descrive il modo in cui procedette: "Gli altri candidati cercavano di conquistare questi gruppi dichiarandosi vicini alle loro posizioni su temi quali l’aborto o i diritti degli omosessuali. Bush, invece, parlò solo della sua fede, e la gente ci credette, ebbe fiducia in lui. Fu un colpo di genio. Secondo molti elettori laici, il figlio di George Bush non poteva che essere un moderato. Di colpo il fardello del padre diventava un asso nella manica: Bush figlio poteva raggiungere e conquistare la base senza minare il resto dell’edificio elettorale".

"Era e rimane uno di noi" afferma Charles Colson, uno dei suoi più fedeli sostenitori dell’estrema destra cristiana. Né a Bush né alla sagacia del suo consigliere Karl Rove era sfuggito un altro fenomeno elettorale decisivo: dal 1985, gli Stati del Sud, profondamente conservatori e religiosi, esercitavano un’influenza sempre più forte sul partito repubblicano.

David Frum, estensore dei discorsi di Bush, racconta nel suo libro di una riunione tenutasi nello Studio Ovale della Casa Bianca. Rivolgendosi ai rappresentanti delle principali congregazioni protestanti, Bush disse: "Come sapete, ho avuto un problema con l’alcol. In questo momento avrei dovuto essere in un bar del Texas, invece di trovarmi nello Studio Ovale. Esiste una sola ragione per la quale mi trovo nello Studio Ovale e non in un bar del Texas: ho trovato la fede, ho trovato Dio. Sono qui grazie alla potenza della preghiera".

Una confessione che lo scrittore Norman Mailer commenta con preoccupata ironia: "L’affermazione è altamente pericolosa. Come ha suggerito per primo Kierkegaard, non si può mai sapere con certezza a chi andranno le nostre preghiere, né da chi riceveremo risposta. Proprio quando crediamo di essere più vicini a Dio, stiamo forse aiutando il diavolo".

Parole che la cerchia di Bush non è probabilmente disposta ad ascoltare, e tanto meno ad ammettere. Per David Frum, "Bush proviene e parla da una cultura molto diversa da quella dell’individualista Ronald Reagan. La sua è la cultura dell’evangelismo moderno. Per riuscire a capire la Casa Bianca di Bush è necessario capire l’incidenza di questo credo". E ricorda le parole che il presidente gli rivolse una mattina, arrivando alla Casa Bianca per lavorare con lui: "Non l’ho vista studiare la Bibbia".

Nel cuore dell’esecutivo americano regna un clima particolare: la moglie del segretario generale della presidenza, Andrew Card, è ministro del culto metodista; il padre di Condoleezza Rice, capo del Consiglio di sicurezza nazionale, è predicatore in Alabama; Michael Gerson, direttore del gruppo che scrive i discorsi presidenziali, si è laureato allo Wheaton College dell’Illinois, soprannominato l’Harvard evangelica e aderisce alle profezie dell’estrema destra cristiana, che crede a un imminente Armageddon e al ritorno dell’Anticristo, cui seguirà l’avvento di un nuovo Messia.

Ogni giorno, il personale della Casa Bianca partecipa a gruppi di studio sulla Bibbia. La presidenza sembra ormai una vasta sala da preghiera dove, tra una lettura collettiva della Bibbia e l’altra, gli uomini in carica gestiscono gli affari dell’America e del mondo.

Una fede "fatalista"

Dopo i fatti dell’11 settembre, il tono religioso degli interventi presidenziali si è nettamente accentuato. Dalla lettura dei Salmi, Bush aveva tratto la parola "male", che ricorreva con insistenza nei suoi discorsi. Osama bin Laden e i suoi seguaci incarnavano per lui il "male". Nel novembre 2001, in un’intervista a Newsweek, dichiarò per la prima volta che anche Saddam Hussein era il "male".

"L’asse del male" – che unisce Iraq, Iran e Corea del Nord – non è una formula nata per caso. Per definire questi tre paesi, David Frum aveva infatti coniato l’espressione "axis of hatred", l’asse dell’odio. Il suo superiore, Michael Gerson – racconta Frum – "cercava di usare il linguaggio teologico che Bush prediligeva dopo l’11 settembre" e fu così che, per opera sua, "axis of hatred" divenne "axis of evil".

Paul S. Boyer, professore di storia all’università del Wisconsin, ha analizzato il discorso sullo stato dell’Unione in cui il presidente americano ha dichiarato, in particolare, che Saddam Hussein avrebbe potuto "scatenare un giorno d’orrore di cui nessuno ha mai visto l’uguale". Esprimendosi in questi termini, afferma il professor Boyer, "il presidente faceva leva sul ricordo dell’11 settembre con un vocabolario apocalittico e arcaico e di grande potenza evocativa che, per milioni di persone che credono nelle profezie cristiane, conteneva un preciso terribile messaggio: l’annuncio della fine che, ben al di là di Saddam Hussein, si estende alla Storia dell’Umanità come la conosciamo".

Bush ama dire che la sua è una fede senza complessi. Bensì dotata di un forte accento "fatalista", secondo quanto sostiene David Frum, il quale afferma: "Dovete fare del vostro meglio e accettare il fatto che tutto è nelle mani di Dio. Se credete che esista un Dio che governa il mondo, allora agirete per il meglio e le cose funzioneranno".

Affermazioni, queste, che confermano l’analisi di Chip Bertlet, esperto di movimenti religiosi ultraconservatori. Secondo questo studioso, "Bush è molto vicino al pensiero messianico e apocalittico dei militanti cristiani evangelici. È in linea con la loro visione del mondo, secondo la quale tra il bene e il male si è ingaggiata una lotta di proporzioni titaniche che culminerà in uno scontro finale. Coloro che abbracciano questa confessione si espongono spesso a rischi inutili e terribili, poiché ritengono che tutto sia determinato dalla volontà divina".


Boarderman
00lunedì 22 novembre 2004 21:38
Angi, non è che leggi troppi libri su cospirazioni e governi ombra?
principe bambino
00martedì 23 novembre 2004 02:50
Ok, letto tutto.

1) Ma ripeto la domanda di Ufoitaly: che c'entra con Paranomale e Misteri?

2) Non è che ci si fa ad essere un pochino più equilibrati? O post telegrafici-ipercriptici o due milioni di parole...

3) Altra cosa: evitiamo post troppo dichiaratamente religiosi, please. Come abbiamo avuto modo di ribadire proprio ultimamente, non è il forum giusto...
Mark eclipse
00martedì 23 novembre 2004 17:29
Re:

Scritto da: ANGELO.ALAIMO 22/11/2004 20.14
Ed egli fù portato in una stalla una mangiatoia.
Ed ecco vi era una bestia che aveva sette teste e dieci corna e si teneva davanti alla madre che affinche lo avesse partoritoegli lo avrebbe divorato.
Ecco egli vedeva il suo destino e non vi potè sfuggire e crebbe vide e fù uomo.
E i ventiquattro anziano erano con lui ed egli era ventiquattro anziani.
Ed ecco vidi un segno nel cielo questo è il segno dell'azione.
Ecco ne scorsi un'altro ,ed egli si rivelò,ma nessuno sulla terra lo riconosceràpoichè egli adempirà l'opera sua nel segreto nessuno potrà vedere il suo sembiante poichè egli è colui che è senza nome.
il verbo del padre di tutti i padri





"hei hei hei, continua a girare, continua a girare.
no non no questo aggeggio è elettrico, ma ci vuole, una reazione nucleare per generare gli 1.21 gigawatt di elettricità che gli servono"
"doc, ma non si può entrare in un negozio e comprare e comprare plutonio. lo hai fregato a qualcuno?"
"shhh shhh certo! a un gruppo di libici nazionalisti. mi avevano commissionato una bomba, io ho preso il plutonio e gli ho rifilato un luccicante involucro pieno di pezzi di vecchi flipper!
metti una tuta antiradiazioni, prepariamoci a ricaricare"

Dal vangelo secondo Doc Emmet L. Brown.
5 novembre 1955
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