Non Credono più nel dono delle lingue
Guardate questo docunento che ho copiato dal sito.
Risposta:
Pace cara sorella,
il Dio di ogni consolazione ti benedica sempre più nel nome e per l’opera di Gesù.
Sinceramente la domanda che tu poni richiederebbe una trattazione davvero ampia. Cercherò con l’aiuto dello Spirito di Dio di soddisfare la tua richiesta con poche parole.
Noi crediamo fermamente che tra i moltissimi carismi o manifestazioni dello Spirito di Dio in noi ci siano anche le “altre lingue” e poi anche l’”interpretazione delle lingue”. Non crediamo affatto però alla confusione dottrinale e all’errata pratica che si fa oggi nelle chiese in merito a questo carisma.
Andiamo alla Bibbia e vediamo cosa lo Spirito di Dio ci dice.
Paolo sa che alcuni non parlano in “altre lingue” (e non le hanno mai parlate) ma allo stesso tempo, forse, fanno dei miracoli, sono dei profeti, apostoli o dottori o interpretano le lingue. Non tutti parlano le “altre lingue” perché è Dio che decide come manifestarsi attraverso i credenti riuniti per il culto.
“Sono forse tutti apostoli? Sono forse tutti profeti? Sono forse tutti dottori? Fanno tutti dei miracoli? Tutti hanno forse i doni di guarigioni? Parlano tutti in altre lingue? Interpretano tutti?” (1 Co 12:29-30).
Non tutti, durante il culto, possono pregare in altre lingue e addirittura se non c’è chi interpreta bisogna che tacciano. Paolo dichiara che le altre lingue sono di edificazione per la Chiesa se chi ascolta capisce ciò che quel fratello sta dicendo. Quindi serve l’interpretazione.
“Se c'è chi parla in altra lingua, siano due o tre al massimo a farlo, e l'uno dopo l'altro, e qualcuno interpreti. Se non vi è chi interpreti, tacciano nell'assemblea e parlino a sé stessi e a Dio.” (1 Co 14:27-28).
Non è possibile che qualcuno parli una volta sola in lingue come non è possibile parlare in chiesa sempre in lingue perché si creerebbe confusione:
“Io ringrazio Dio che parlo in altre lingue più di tutti voi; ma nella chiesa preferisco dire cinque parole intelligibili per istruire anche gli altri, che dirne diecimila in altra lingua.” (1Co 14:18-19).
Che tipo di lingue parlavano nella prima chiesa? Di certo in Atti troviamo che parlavano le lingue degli uomini. I 120 in At 2 parlavano ciascuno come lo Spirito di Dio dava loro, però sempre usando lingue umane che loro stessi non conoscevano. Questo è l’unica testimonianza certa sul tipo di “altre lingue” parlate in Atti.
Quando però mi fanno la domanda ma è possibile che le “altre lingue” siano anche le lingue degli angeli? La risposta è sì, in virtù dell’unico versetto che troviamo in 1 Co 13:1 “Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi amore, sarei un rame risonante o uno squillante cembalo.”. Credo, tuttavia, che questa dovrebbe piuttosto essere un’eccezione, visto il precedente biblico di Atti. Ciò vale a dire che se in chiesa, durante il culto, 10 fratelli parlano in “altre lingue”, 9 di loro parleranno ciascuno una lingua diversa ma sempre umana, mentre uno di loro potrebbe parlare una lingua angelica.
Inoltre anche chi parla la lingua angelica deve manifestare i tratti di una linguaggio strutturato. Parlare una lingua, sia umana sia angelica, prevede sempre l’uso di una grammatica, di una sintassi, di una cadenza, di un lessico ect.. Se senti qualcuno che ripete sempre le stesse monosillabi puoi stare certa che è, nella migliore delle ipotesi, frutto della sua autosuggestione, o nella peggiore delle ipotesi, opera del demonio.
Chi parla in “altre lingue” in realtà sta elevando una preghiera a Dio:
“Perché chi parla in altra lingua non parla agli uomini, ma a Dio; poiché nessuno lo capisce, ma in spirito dice cose misteriose.” (1 Co14:2)
“Altrimenti, se tu benedici Dio soltanto con lo spirito, colui che occupa il posto come semplice uditore come potrà dire: «Amen!» alla tua preghiera di ringraziamento, visto che non sa quello che tu dici?” (1 Co14:16).
Assolutamente non è biblico l’uso che si fa di questo carisma nelle chiese. Il parlare in lingue non è un messaggio che Dio dà alla Chiesa del tipo: “Io YHWH vi dico...”; no davvero. Ogni volta che un fratello parla in “altre lingue” in realtà sta elevando una preghiera a Dio, indirizzata a Dio, e quindi l’interpretazione conseguente dovrà, a sua volta, essere necessariamente una preghiera indirizzata a Dio e non un messaggio alla chiesa. Il parlare in altre lingue non è mai definito da Paolo come un “messaggio in lingue”. Paolo parla solo di una bella preghiera di ringraziamento a Dio: “li udiamo parlare delle grandi cose di Dio nelle nostre lingue».” (At 2:11).
Chi parla in altre lingue è il primo che deve interpretare:
“Perciò, chi parla in altra lingua preghi di poter interpretare;” (1 Co 14:13).
Paolo dice che chi prega in “altre lingue” usa il suo spirito ma non la mente. Lui vuole che invece il credente usi entrambe le cose e quindi ordina che chi prega in “altre lingue” interpreti pure quello che ha appena detto in lingue, così da usare anche la mente. Se questo non è possibile allora deve pregare che qualcun’altro in assemblea interpreti il suo parlato in “altre lingue”.
Ci sono altre cose molto importanti che nelle chiese pentecostali purtroppo non dicono e che ti sintetizzo qui di seguito e che se vuoi possiamo approfondire.
Con la salvezza, Dio ci ha dato la promessa che aveva fatto e cioè il Suo Spirito. Gesù stesso disse “Se voi, dunque, che siete malvagi, sapete dare buoni doni ai vostri figli, quanto più il Padre celeste donerà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono!»” (Lu11:13) e qui stava parlando della salvezza e quindi della vita eterna. Se sei nata di nuovo tu hai ricevuto tutto quello che avresti dovuto ricevere: lo Spirito di Dio. In te c’è Dio stesso e quindi anche tutta la potenza, anzi la stessa potenza che ha risuscitato Lazzaro e Gesù dai morti; la stessa potenza che ha diviso il mare, la stessa potenza che ha creato i mondi. La Parola “doni” in 1 Co 12:1 e 1 Co 14:1 non c’è nell’originale (questo se vuoi lo possiamo approfondire in seguito...) perché l’unico dono che avremmo dovuto ricevere è lo Spirito di Dio in noi. Ora che tutti i credenti l’hanno ricevuto devono impegnarsi affinché i peccati e gli ostacoli dentro di loro vengano eliminati in modo che lo Spirito di Dio in loro non sia contristato e possa manifestarsi liberamente: “Ora a ciascuno è data la manifestazione dello Spirito per il bene comune.” (1 Co 12:7).
Moltissimi credenti stanno nel banco disperandosi in attesa che Dio gli dia il “dono” delle lingue. Attendono anni e non ricevono nulla. Nelle chiese pentecostali viene insegnano che chi non parla in “altra lingua” non è ripieno di Spirito e quindi non è un fratello “degno” al 100% di ricoprire delle responsabilità spirituali all’interno della comunità. Questa per noi è una dottrina antiscritturale. Questi fratelli per tutta la loro vita rimarranno delusi e non faranno mai niente per Dio. Invece dovrebbero sapere che Dio non ha in serbo altri “doni” se non il dono per eccellenza che è il Suo Spirito. Non possiamo trascurare questo dono in attesa che Dio ci dia qualcos’altro che non verrà mai perché i carismi sono manifestazioni della grazia di Dio in noi, che già è in noi, e i carismi vengono esercitati dallo Spirito di Dio, che è in noi, secondo la Sua volontà e non secondo la volontà del credente.
Cara sorella le “Altre Lingue”, dice Paolo, è il carisma minore a intendere che ce ne sono altri che edificano più rapidamente e di più la chiesa. La via per eccellenza è l’amore.
Anziché chiedere a Dio dammi il dono di guarigione, dammi le lingue, dammi profezia, dammi questo e quest’altro, dovremmo dire: “Padre mio io amo i fratelli e vorrei edificarli, ti prego serviti di me come tu vuoi durante il culto perché io sia di benedizione per tutti i fratelli. Fammi fare quello che tu vuoi, manifestati in me e attraverso di me per il bene comune!”. Allora vedremo frutti meravigliosi nelle nostre chiese, frutti permanenti.
Nella speranza di esserti stato utile ti saluto nel nome di Gesù Cristo e per l’amore di Dio il Creatore nostro!