Il Golem azzurro & soci - La nuova squadra di Silvio

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Staib
00sabato 30 aprile 2005 12:10
Umanità Nova, numero 15 del 1 maggio 2005, Anno 85

Il Golem azzurro & soci
La nuova squadra di Silvio


Immediatamente dopo la debacle elettorale della destra, il giornale di AN pubblicò in prima pagina un articolo sulla fine del berlusconismo.
I postfascisti non si riferivano, con ogni evidenza, alla fine dell'alleanza che li ha portati, in meno di dieci anni, dal retrobottega parlamentare al governo di importanti regioni, province e comuni e alla partecipazione in un ruolo di prima grandezza al governo e, soprattutto, al sottogoverno della repubblica. Da quest'alleanza non possono né vogliono sottrarsi e non saranno le mattane leghiste ad indurli a tornare all'opposizione prima del tempo.

Col termine berlusconismo i nazional alleati indicavano ed indicano il frankestein elettorale e politico costituito da una destra messa assieme assemblando pezzi incompatibili intorno alla leadership mediatico carismatica del cavaliere azzurro.

Sino a quando il Golem azzurro ha funzionato, i segmenti della destra hanno accettato, sia con scarsa buonagrazia, di convivere sulla base di un accordo palesemente foriero di contraddizioni. Quando, però, il meccanismo si è inceppato, ogni partner ha posto all'ordine del giorno la fuoriuscita dalla situazione attuale e la garanzia per sé di un ruolo nella fase postberlusconiana.

Mentre scriviamo la crisi della destra scatenata dal risultato delle regionali sembra, provvisoriamente, chiusa. C'è una nuova squadra di governo, c'è un anno di tempo per risalire la china e sembrerebbe che l'unico problema, per i nostri eroi sia quello di affrontare al meglio ed in apparente concordia l'impresa.

Una prima, sommaria, valutazione del nuovo governo pone in evidenza, immediatamente, una bizzarria. Si era detto che il governo doveva dare un segno di discontinuità rispetto al precedente e che questo segno avrebbe dovuto consistere in una valorizzazione della dimensione welfarista e meridionalista della destra.

Come al solito il cavalier Berlusconi ha voluto essere il primo della classe e di segni di discontinuità ne ha dati due e, per di più, in direzioni divergenti.

Da una parte, infatti, ha imbarcato il poderoso Francesco Storace, espressione d'hoc della destra populista e sudista, un uomo che è raffigurazione fisica di quello statalismo contro il quale l'asse del nord si esercita in continue geremiadi. È interessante notare, a questo proposito, che al governo c'è già un esponente della destra sociale, il ministro Gianni Alemanno ma costui è uomo troppo fine per incarnare le passioni delle plebi ministeriali e parastatali e troppo gramsciano di destra per la bisogna. Storace, che pure è suo sodale di corrente, ha le fisique du role, robusto, porcino, tale da parere fascista se anche non lo fosse, da voce alla destra popolare del centro sud.

Mentre dava soddisfazione alle pretese sudiste, il cavaliere non ha dimenticato i suoi compagni di merenda padani ed ha rimesso in sella Giulio Tremonti che proprio i camerati di AN avevano defenestrato.

A ben vedere, una scelta che oscilla fra la demenza pura ed il genio politico. Tremonti, infatti, incarna l'asse fra Lega Nord e Forza Italia contro il quale si è costituito quello fra AN ed UDC proprio come Storace incarna il partito della spesa come nessun altro potrebbe fare.

In prima sintesi, altro che fine del berlusconismo, sembra di essere di fronte ad un iperberlusconismo. Le diverse anime della destra sembrano non ricondotte a più miti ragioni ed a sintesi politica ma esaltate nella loro irriducibilità ad uno specifico progetto politico.

Può, a questo punto, valere la pena di domandarsi quale logica stia alla radice di una scelta del genere. Si liquida il fido scudiero Gasparri per imbarcare il tribuno della plebe trombato Storace, si reimbarca l'algido e gufesco Tremonti, si agita prima dell'uso e si sta a guardare.
Credo che si possano, a questo proposito, dare due livelli di spiegazione. Tutti i conoscitori dello stile berlusconiano insistono sul fatto che il cavaliere è individuo che non ama i conflitti e teso a contentare al più possibile i suoi uomini di mano. Se così fosse, e non vedo perché non dovrebbe essere, saremmo di fronte ad un ennesimo tentativo di cooptazione. Per quietare i postfascisti si fa ministro il più fascista della compagnia e per ammorbidire i leghisti si da loro in dono l'intronamento dei più leghista degli itaoforzuti. In altri termini, tutti felici sino al prossimo giro.

Il problema è che il prossimo giro è vicino assai. A breve andrà preparato il documento di programmazione economica e finanziaria e, poi, la legge finanziaria, e poi le elezioni.

A questo punto, vi è, forse, una spiegazione meno scontata.

Come è noto, la destra italiana è erede, per la sua parte più robusta, del pentapartito e vive con straordinaria desolazione l'attuale impossibilità, a causa dei vincoli posti dall'Europa, di ricorrere al buon vecchio sistema andreottiano e craxiano e cioè alla dilatazione del debito pubblico.

Sinora, però, l'antieuropeismo della destra si è ridotto all'emissione di sonori proclami contro l'euro. Oggi, invece, sembra possibile un cambiamento vero di quadro.

Se il referendum francese sulla costituzione europea premierà gli euroscettici, sarà più facile mettere in discussione i vincoli europei. E se questi vincoli sanno posti in crisi, la destra potrà fare una finanziaria generosa tale da contentare tutti e da rimetterla in sella o, almeno, da aumentare le sue possibilità di restare in sella.

In questo caso, populismo nordista e populismo sudista potranno abbracciarsi dimenticando tutte le reciproche somarate su Roma Ladrona e Roma Capitale.

Ma, a questo punto, si accentuerebbero le tensioni, già evidenti fra padronato e destra. Il sistema delle imprese, infatti, è tutto fuorché contrario ai finanziamenti pubblici ma li vuole canalizzati e concentrati a suo sostegno e non dispersi in un pulviscolo di interventi e detrazioni.

Non ritengo affatto casuale il fatto che i settori moderati della sinistra abbiano già lanciato precisi segnali alla Confindustria ponendo l'accento sulla necessità di una legge finanziaria seria e di finanziamenti al sistema delle imprese. Non si tratta di sopravvalutare questa dialettica, la Confindustria si venderà al miglior offerente ma, in questa fase, sembra abbia deciso di cambiar di spalla al fucile e di puntare sulla sinistra.

A breve, di fronte alle prime scelte del governo, verificheremo quale sia l'orientamento del padronato.

Per quanto ci riguarda, si tratterà di porre l'accento sull'autonomia degli interessi delle lavoratrici e dei lavoratori sia rispetto al partito della spesa, che comunque è finanziata dalle tasse sul lavoro dipendente, che di fronte al partito del rigore, che colpisce sempre gli stessi, sia rispetto al ceto politico che al sistema delle imprese.

CMS

http://www.ecn.org/uenne/archivio/archivio2005/un15/art3705.html
Kijo
00lunedì 2 maggio 2005 13:59

Se il referendum francese sulla costituzione europea premierà gli euroscettici, sarà più facile mettere in discussione i vincoli europei. E se questi vincoli sanno posti in crisi, la destra potrà fare una finanziaria generosa tale da contentare tutti e da rimetterla in sella o, almeno, da aumentare le sue possibilità di restare in sella.

In questo caso, populismo nordista e populismo sudista potranno abbracciarsi dimenticando tutte le reciproche somarate su Roma Ladrona e Roma Capitale.



Chissa' perche' i leghisti non dicono nulla su questo punto...
Il debito lasciato dalla DC e sodali dopo la prima repubblica era dovuto a manovre che non erano soggette ai vincoli della UE. Potremmo trovarci tra 10 anni peggio di prima...
Staib
00lunedì 2 maggio 2005 19:19
IL DEBITO LASCIATO DALLA DC!!! VORRAI DIRE QUELLO LASCIATO DALLA SINISTRA!!!!


:Sm18: :Sm18: :Sm18:
Vladjm
00giovedì 12 maggio 2005 00:05
PER NATALE VOGLIO UN REGALO
BERLUSCONI APPESO AD UN PALO!
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